Quei conti dimenticati in banca: un tesoro da due miliardi allo Stato
Nei depositi “dormienti” i soldi lasciati da chi muore. Le banche non devono cercare gli eredi. Finiscono in un fondo per indennizzare i risparmiatori frodati. Ma i governi li usano per altri fini – Flavio Bini LA REPUBBLICA
MILANO – A Caselle in Pittari, in provincia di Salerno, qualcuno avrebbe dovuto trovare i familiari di Antonio F. Suo fratello, suo cugino, il figlio del cugino, fino al sesto grado di parentela. Qualcuno avrebbe dovuto dire loro che il signor Antonio è morto molti anni fa con un piccolo ma importante segreto: un conto da oltre 41 mila euro, custodito in una filiale di Sala Consilina, un comune poco lontano. Soldi rimasti fermi per oltre dieci anni, perché nessuno della sua famiglia sapeva che erano lì, prima che lo Stato – il 30 marzo del 2016 – prelevasse quella somma e la trasferisse nelle casse pubbliche. Perché così dice la legge. Anche se i suoi parenti avrebbero avuto diritto, sempre secondo la legge, a ereditare quella somma. Il punto è che nessuno li ha avvisati, perché nessuno era obbligato a farlo. E anche questo lo dice la legge. Il figlio maggiore lo scopre soltanto oggi, al telefono: “Un conto da 41 mila euro? Non ne so niente. È sicuro?”.
I soldi del signor Antonio, insieme a quelli di altre decine di migliaia di italiani, sono stati trasferiti al capitolo 3382 delle entrate del bilancio dello Stato, una sorta di salvadanaio dei salvadanai dove ogni anno istituti di credito e assicurazioni versano i proventi dei cosiddetti “rapporti dormienti”. Polizze, assegni, libretti di risparmio e conti non movimentati per dieci anni che finiscono nelle casse pubbliche, come previsto dalla norma approvata nel 2005 e caldeggiata dall’allora ministro Giulio Tremonti. Sono i famosi conti dimenticati degli italiani.
A distanza di un decennio dall’entrata a regime, le cifre sono significative. Secondo i dati del Rendiconto generale dello Stato, dal 2007 ad oggi sono arrivati dai risparmi “dimenticati” oltre 2 miliardi di euro. Se si guarda soltanto agli ultimi anni, i numeri restano consistenti: 184 milioni nel 2013, 203 nel 2014, 142 nel 2015 e 101 nel 2016. Risorse destinate, in teoria, a un fondo ad hoc “per indennizzare i risparmiatori vittime di frodi finanziarie” ma oggetto negli anni di ripetuti tentativi di saccheggio da parte dei governi.
Una quota è anche tornata indietro, visto che è stato affidato alla Consap, una controllata del Tesoro, il compito di gestire i rimborsi di chi tra legittimi titolari o eredi può rivendicare le somme confluite nelle casse pubbliche. Chi si è accorto troppo tardi che i suoi soldi non ci sono più ha altri 10 anni di tempo per recuperarli dallo Stato. E così i suoi parenti, sempre che qualcuno li avverta. Dal 2010 al 2016, ultimo dato disponibile, la società ha finalizzato 39.780 istanze per un totale di 215,6 milioni di euro restituiti.
La maggioranza dei soldi parte però dai conti dormienti e non torna più. I legittimi proprietari sono morti da molti anni e se non hanno lasciato indicazioni nel testamento gli eredi rischiano di non saperne nulla. La legge non obbliga le banche a cercare i familiari per avvertirli che esistono delle somme intestate alle persone che sono morte, e le banche si attengono a questa prescrizione. “Ad oggi – conferma un grosso istituto di credito – non viene inviata una comunicazione agli eredi in caso di decesso del titolare in quanto la norma richiede esclusivamente l’invio della raccomandata al titolare del rapporto”. Anche perché – si sottolinea – “in caso di decesso, la Banca potrebbe non conoscere l’identità degli eredi”.
Non sono spiccioli, dentro le decine di migliaia di rapporti dormienti che finiscono allo Stato ci sono anche depositi piuttosto consistenti. Per farsi un’idea basta scorrere i dati pubblicati dalle banche del gruppo Intesa Sanpaolo, l’unica tra i grandi istituti a rendere disponibile l’elenco e la consistenza dei conti. Nell’ultimo anno sono poco più di 18 mila i rapporti estinti, per un totale di quasi 15 milioni di euro. Tra i conti correnti e i libretti di risparmio, circa 2700 in totale, ce ne sono 34 superiori ai 10 mila euro. Chi si dimentica di somme del genere?
Repubblica ha provato a rintracciarli. I titolari dei conti, se ancora in vita, o i loro familiari. E ha trovato la conferma di quanto le banche affermano: nessuno li ha cercati. Nessuna delle persone rintracciate ha ricevuto comunicazioni dalla banca, che probabilmente si è limitata ad inviare una raccomandata all’ultimo indirizzo noto.
Poco importa ad esempio se nel frattempo i titolari hanno cambiato residenza, scordandosi magari di avvertire l’istituto. Come il signor Cesare D.L, residente nel sud della Germania, che ha appreso incredulo con dodici anni di ritardo l’esistenza stessa della legge che gli ha (temporaneamente) prosciugato un libretto di risparmio da oltre 40 mila euro. Con un po’ di pazienza, potrà recuperare la sua somma attraverso la Consap.
Nessuno saprà invece dare una risposta ai due figli di Antonio A., gravemente malato di Alzheimer, morto solo in una casa di riposo in un piccolo comune vicino a Novara nel gennaio del 2003. Loro padre, con cui i rapporti si erano deteriorati, non li aveva avvisati che in una filiale di un comune poco lontano c’era un conto da 41 mila euro di cui nessuno, a parte lui e la banca, era a conoscenza. Anche loro, come tutti, l’hanno scoperto solo oggi, tra incredulità e amarezza. Un piccolo tesoro protetto e dimenticato allo stesso tempo. Forse nascosto di proposito, forse rimosso dalla malattia.